mercoledì 30 luglio 2014

Tappa 29 - Nicolosi - Siracusa

ORTIGIA MUSIC FESTIVAL - Dalla noia alla bella Ortigia

Nicolosi - Siracusa: 101 km

Per un bel pezzo, quella di oggi è stata la tappa più noiaosa del Grande Giro d'Italia; poi, all'arrivo, la situazione è decisamente migliorata.
La mattina, dopo la colazione, ci incontriamo con Sofia, amica di Francesco (incontrata a Marsiglia aupair-eggiando), per la ormai consueta granita, e c'è da dire che, insieme alla buona compagnia di Sofia ed Enrico, è stata pure la granita più buona mangiata fino ad adesso. Visto che si chiacchiera tanto e bene, alla fine si parte taredissimo, ma va bene così, oggi non dovrebbe essere difficile, c'è più discesa che altro...
Da Nicolosi a Catania, infatti, non si fa che scendere, fino al centro storico della città sotto l'Etna: peccato per le macchine e per il traffico, ma è quasi obbligatorio passare per di qua. Attraversiamo la grande via che taglia in due Catania e visitiamo velocemente il centro storico. Il top è il mercato del pesce, animato come deve essere un mercato del pesce siciliano, con la gente che decanta le qualità del suo pesce tra le viuzze invase dalle bancarelle.
Poi, da Catania, la noia. Km e km di strade dritte, con parecchie macchine, costeggiate da case fatiscenti, erba secca e cactus. Alla nostra sinistra si vede il mare, e pure l'Etna, ma sono distanti. Facciamo una piccola deviazione per la penisola di Augusta, per ivedere il villaggio di Brucoli, descrittoci da Enrico come un bel villaggio di pescatori. La strada per arrivarci costeggia una specie di canyon, non c'è niente tutto intorno, ed è abbastanza affascinante, mentre il villaggio risulta al di sotto delle aspettative, sembra che si animi solo la sera, di giorno c'è il vuoto e di carino c'è solo il fortino sul mare. Dicidiamo di evitare Augusta per avere più tempo per visitare Siracusa, anzi, Ortigia, il centro storico della città.
Ci incasiniamo un po' nell'area industriale, pedaliamo anche per qualche centinaia di metri in tangenziale, ma alla fine imbocchiamo la strada giusta. A pochi km da Siracusa vediamo un negozio Decathlon, e nonostante non lo amiamo molto, il nostro portafoglio non pesa tanto, quindi si concretizza il pensiero di Francesco dei giorni passati: si cambiano le scarpe. Le scarpe schifose di Sergio Tacchini (pagate pochi euri e si capisce il perchè), comprate cinque giorni prima di partire, sono durate un mese, la suola si è consumata tanto che per francesco era quasi come pedalare a piedi nudi... speriamo nelle nuove scarpe...
A Ortigia ci arriviamo attraversando la poco interessante Siracusa, anzi, di interessante c'è la tomba di Archimede, bella grande, e i resti del teatro romano, che per visitarli chiedono una follia... Ortigia invece appare ben più carina: noi ci incontriamo nel centro storico con Alma, la ragazza che ci ospiterà. La troviamo mentre dipinge una tela nel negozio di famiglia, e capiamo subito che entreremo in sintonia con lei (e con tutta la famiglia). Poco dopo arrivano anche Eloise, ragazza rancese che lavora nel museo di Siracusa con il padre di Alma, e altri due amici francesi. Parcheggiamo la bici da Alma e approfittiamo di Eloise che ci fa da ottima guida per la città: lei è brava e simpatica e ci fa apprezzare ancora di più le bellezze di Ortigia, il porto con il tramonto, la cattedrale con le colonne greche, la fonte aretusa e la sua leggenda, le viuzze nascoste...
La sera ce ne andiamo tutti assieme, belli stipati in macchina, alla casa di campagna di Alma, dove conosciamo i genitori, Dino ed Helene, e degli amici, italiani e francesi, quindi in totale siamo un bel gruppone! La serata si inaugura stupendamente con delle deliziose pietanze, epico il pollo al curry, e tra le chiacchiere e le storie dei nostri viaggi, si finisce imbracciando gli strumenti e suonando fino a tardi: Alma suona il sax, la chitarra e qualche flauto, Dino un sacco di fiati, Eloise canta molto bene, e si va da De Andrè alle canzoni medievali, con un tocco di America Latina con gli Inti Illimani. Serata perfetta!
Meno male che a Siracusa abbiamo incontrato Alma e la sua famiglia, la tappa non sarebbe stata la stessa senza di loro!


Ciao ciao scarpe de m...!


La tomba di Archimede a Siracusa


I resti dell'antica Ortigia


La cattedrale


Tramonti ortigiani

Tappa 28 - Messina - Nicolosi

SUL GRANDE VULCANO - Tra bici pazze, costa e montagne fumanti

Messina - Nicolosi: 138 km

Il giorno della seconda tappa "rossa" del Grande Giro d'Italia è arrivato, oggi bisogna affrontare la salita dell'Etna fino al Rifugio Sapienza!
La mattina è inaugurata da... una granita! Ovvio! Questa, e la pasta con il peperoncino calabrese, ci doneranno la forze per affrontare il vulcano??? Lo vederemo, intanto, dopo 10 km dall'inizio della tappa ci troviamo con Carmelo e suo fratello, che ci vogliono accompagnare per qualche km con il tandem pazzo! Anzi, siamo noi due che alla fine guideremo quell'aggeggio infernale, per niente facile da controllare durante le prime pedalate: è lungo e per muoversi bisogna spostare il manubrio e non usare il proprio peso come per le bici normali. Francesco al posto di guida e Tommy nel reclinabile, ci facciamo una decina di km, le nostre acrobazie vengono filmate dai nostri nuovi amici, ci troviamo spesso in mezzo alla strada, bloccando il traffico, perchè non siamo in grado di guidarla, ma noi ci facciamo quattro risate e la gente ci guarda divertita... anche un po' incazzata, a dire la verità...
Dopo una decina di km ci fermiamo e coroniamo questo giro di prova con una granita, of course, con la panne buonissima ed artigianale, salutiamo i nostri amici e poi via, si riparte!!!  La strada costiera, almeno per la prima parte, è molto bella, il mare azzurrissimo alla nostra sinistra, i monti Peloritani a destra, poi comincia un'infinita serie di paesini, principalmente turistici, uno attaccato all'altro, che tolgono un po' di fascino alla zona. Con il vento a favore raggiungiamo velocemente Taormina, e qua la fermata è obbligatoria, anche per mangiare un po'. Per vedere il paese bisogna salire su per qualche tornate, ma arrivati al centro veniamo colpiti dalla quantità impressionante di turisti, un'infinità... ma la Sicilia è grande e bellissima, devono tutti venire qua? Noi proseguiamo più in alto, in cerca di tranquillità, che troviamo a Castelmolo, e dalla rocca ci fermiamo ad ammirare il paesaggio, con l'Etna un po' fumante di fronte a noi. Scendendo nuovamente a Taormina troviamo le due uniche persone normali del paese, un artista di strada australiano e una ragazza dell'Alabama che ha trovato lavoro li con Help X, e che ne aveva già le scatole piene di tutti quei turisti fatti con lo stampino... come darle torto!
Noi proseguiamo per Giarre, adesso il paesaggio non è più così interessante, si pedala un po' distanti dalla costa e ci avviciniamo sempre di più all'Etna: visto da sotto è proprio altino! Da Giarre comincia la salita tanto attesa, e sono subito mazzate sui denti. Le pendenze sono superiori al 10%, o almeno così sembra, il sole ce l'abbiamo dritto in faccia, fa caldo, molto caldo, e la strada è lastricata con pietre laviche, pare di essere sulla Parigi - Roubaix o sul Passo Resia, almeno per alcuni tratti. Sono 9 km difficili, con pochi tratti dove si può riposare, per arrivare a Zafferana Etnea, dove ci fermiamo per aspettare Enrico. Enrico è un ragazzo, appassionato di bicicletta, che ci ha contattato dopo essere incappato quasi per caso nella nostra pagina Facebook, e dopo qualche messaggio ci siamo messi d'accordo per scalare l'Etna in compagnia e per dormire a casa sua a Nicolosi. Intanto, mentre aspettiamo da Zafferana Etnea, ci godiamo lo splendido paesaggio: il paese sembra un balcone alle pendici dell'Etna con vista sul mare! Enrico arriva poco dopo, con una super bicicletta da corsa, e cominciamo subito a salire. Francesco sale al ritmo di Enrico, la salita se la vuole godere per bene, Tommy segue poco più indietro, e viene ben presto affiancato da Alessandro, un amico di Enrico che affronterà la salita con noi.
Da Zafferana sono altri 18 km, che vanno su regolarmente con medie dell'8-10%, che con il peso delle borse dietro non sono affatto facili, ma noi andiamo su come muli, pian pianino si fa tutto, e con la compagnia di Enrico ed Alessandro la fatica si fa sentire meno. Il paesaggio cambia poco a poco, si vedono le colate laviche recenti e quelle antiche, si notano differenti tipi di vegetazione, e più in su si va, più diventa spettacolare. E alla fine arriviamo alla cima, a quota 1910 mt, con un gran sorriso di soddisfazione! Siamo emozionati, tutto è nero intorno a noi, si vedono i vecchi crateri del vulcano, e dal grande cratere, mille metri sopra le nostre teste, scende del fumo che ci fa tossire. Facciamo le foto di rito davanti al cartello del passo, visitiamo allegramente i crateri e poi cominciamo a scendere, anche perchè si sta facendo sera e non c'è più tanta luce: la discesa è velocissima, e i 20 km per raggiungere Nicolosi vengono percorsi in neanche mezz'ora!
Ci separiamo con il buon Alessandro e ci dirigiamo verso la casa di Enrico, dove ci aspetta una confortante doccia calda. Conosciamo i gentilissimi genitori di Enrico, che ci accompagnano durate la cena ristoratrice, che culmina con il top del top dei dolcetti, delle croccanti foglie alle mandorle e pistacchi che hanno la capacità di trasformarci in bestie divoratrici. Ce ne vergogniamo un po', ma non possiamo fare a meno di divorarle, sono proprio buone! E così, con il gusto di questi dolcetti deliziosi, ce ne andiamo a letto, contenti di aver terminato un'altra tappa epica del Grande Giro d'Italia!




Granitariiii!


Due bici verso il mare...


Taormina dall'alto


Gli eroi della giornata sull'Etna!


Visioni lunari...


Mamma mia...

Tappa 27 - Tropea - Messina

LO SBARCO IN TRINACRIA! - Lungo la costa calabrese fino alla Sicilia

Tropea - Messina: 112 km

Siamo emozionati, oggi si arriva in Sicilia! La terra degli arancini, dei cannoli, delle granite, che bontà!!
La tappa è pure abbastanza corta, 100 km in teoria, ma anche se la strada corre lungo la costa, non è per niente una passeggiata. Anzi, i primi km della giornata sono proprio tosti, la strada non fa che salire, e in maniera pure abbastanza bastarda, con pendenze impegnative. In più fa caldo afoso e siamo già sudatissimi dopo pochi km. Rimaniamo in quota fino a Nicotea, poi comincia un'area simile a quella di Lamezia Terme del giorno precedente, fino alla brutta Gioia Tauro, preceduta da un'orribile zona industriale. L'unica gioia che ci dà Gioia Tauro è l'incontro il comandante dei vigili, che ci da delle informazioni sulla strada, ci prende in simpatia e poi ci indica una gelateria dove andare a prendere un gelato o una granita. Lui conosce il tipo che ci lavora dentro, e visto che la sua macchina era parcheggiata in senso contrario, dice che il gelato lo possiamo richiedere gratis se facciamo il suo nome... ed è quello che ovviamente facciamo! Il gelataio, altrettanto ovviamente, non era molto contento.
Per Palmi la strada sale nuovamente, noi ci carichiamo di lupini enormi venduti da una signora per strada, arriviamo quasi a 600 mt sul livello del mare, ma stavolta il panorama che si ha dalla cima di Sant'Elia è spaziale, riusciamo a vedere la costa calabrese fino allo stretto di Messina, e davanti c'è la Sicilia! Peccato per la foschia che non ci permette di apprezzare al meglio lo stretto, ma fa lo stesso, noi siamo contentissimi! Ormai non vediamo l'ora di arrivare in Sicilia, la regione più a sud del Grande Giro d'Italia!
Da Sant'Elia c'è molta discesa e poca salita, e si raggiunge velocemente la bella Scilla, affascinante borgo di pescatori posizionato su un piccolo promontorio: da li i km fino a Villa San Giovanni sono pochi. A Villa San Giovanni aspettiamo pochissimo tempo e in un batter d'occhio siamo sul traghetto che ci porterà a Messina. La traversata dura mezz'oretta: avvicinandoci alla Sicilia notiamo sempre più delle barche con un "trampolino" nella parte anteriore: sono le barche dei pescatori di pesce spada, che catturano il pesce ancora con la fiocina, come ai vecchi tempi.
La sbarco è seguito immediatamente dalla prima granita siciliana, ed è subito spettacolo: che sia alla nocciola o al caffè, con la panna artigianale, la granita ci conquista già dalle prime cucchiaiate! Poco dopo ci incontriamo con Carmelo, il ragazzo che ci ospiterà a Messina. La prima cosa che fa è portarci a mangiare... una granita! E 2! Noi non ci lamentiamo proprio eheh... Lu è molto gentile e ci porta in giro per Messina quando sta per calare il tramonto, nella zona dei laghetti, dove vengono allevate le vongole, al "faro", vicino alla zona dove doveva essere costruito il fantomatico ponte sullo stretto, e in uno dei punti panoramici della città. Carmelo è un bravo cicerone e ci racconta vari aneddoti di Messina: interessante quello dei nomi Lettera e Letterio, molti utilizzati nella città dello stretto, che ricordano una lettera inviata dalla Madonna al popolo messinese.
Poi, è il turno di Tommaso di soddisfare una sua voglia repressa da fin troppo tempo da quando abbiamo visto il mare, ossia farsi una mangiata di pesce, di quelle epiche! Con Carmelo ed un'altro amico si va ad un ristorante fuori Messina: Francesco si da alla pizza, essendo amante del pesce (nel senso che gli vuole bene e non lo mangia), gli altri si gettano a capofitto su piattoni di cosse e risotto ai frutti di mare.
la serata termina a casa del fratello di Carmelo, anche lui bici-viaggiatore mezzo matte, che si sta costruendo il proprio tandem, con posto reclinato davanti, e posto in Harley Davison style dietro, con l'obiettivo di girare l'Africa con scopi più "umanitari" dei nostri. dopo la terza granita, fatta in casa, si fanno le 3... meglio riposare almeno tre ore dai, in fondo domani dobbiamo "solo" scalare l'Etna!




Le spiagge sotto Sant'Elia


Il Tommy fotografa lo Stretto o il pollo Paul???


Eeeeh che acquetta eh??


Scilla


Il pollo Paul commosso per l'imminente sbarco in Trinacria

Tappa 26 - Bianchi - Tropea

LA VIA DELLE CIPOLLE - Ma anche del tartufo...

Bianchi - Tropea: 105 km

Lasciare Bianchi ci dispiace un po', la gente del paese è tutta carina con noi, ed anche la mattina ci dimostrano il loro affetto al bar.
"La strada, da qui, a parte un paio di piccole salitine, è tutta in discesa!". Così ci viene detto dagli amici di Bianchi, ma non è proprio così corretto: ad un certo punto, dopo che non si faceva altro che salire, il cartello dell'altimetria segnava chiaro, 1000 mt... tutta discesa insomma! Durante la pedalata, intanto, incappiamo nelle rovine di una vecchia abbazia, vicino a Soveria Mannelli, veramente affascinante, rimangono su solo le pareti, mentre il tetto è formato da nuvole e stelle... Più ci si allontana da Bianchi, più la vegetazione si fa meno amazzonica e il clima meno umido, era ora!
La discesa è velocissima e si raggiunge Lamezia Terme in un attimo. Come previsto, la città non è per niente interessante, fa caldo e ci sono un sacco di macchine: noi ce ne vogliamo andare quanto prima, per imboccare le statale che porta sempre più a sud, non prima però di un succoso melone, fulminato in 5 minuti dalle nostre diaboliche mascelle. Intanto, per la strada, si cominciano a vedere le prime cipolle rosse...
La bruttezza del paesaggio intorno a Lamezia Terme prosegue per un'altra ventina di km, qua c'è solo caldo, erba e secca e grandi opere viarie lasciate li a metà, la Salerno - Reggio Calabria è li a lato e la sua fama viene confermata da ciò che vediamo. Rimane tutto così fino a Pizzo, paesino sulla costa, una costa finalmente bella, con scogliere ed un mare azzurro. La sosta a Pizzo è obbligatoria: oltre a visitare il bel centro storico (ma affollato da turisti), bisogna mangiare il famoso tartufo, non il tartufo che trovano i cani nei boschi, ma il tartufo gelato! Alla prima tartuferia in strada ci fermiamo: anche se chi lo prepara è di Pavia, il tartufo è una gustosa palla di due etti ripiena di orgasmico cioccolato fuso che ci fa godere le nostre papille gustative! Oh, se li faranno pagare cari sti tartufi, ma so bbboni! Le cipolle, invece, costano poco...
Da Pizzo comincia poi quella che viene denominata "la costa degli Dei", e noi non possiamo che percorrerla; l'avranno chiamata così sapendo che passavamo! Comunque, hanno ragione a chiamarla in questo modo, quando saliamo un po' vediamo delle spiagge fantastiche con dell'acqua trasparente che fanno venire voglia di buttare via le biciclette e passare tutta la giornata in ammollo! Cosa che facciamo un paio di km prima di arrivare a Tropea: la spiaggia è affollata e il mare non è il migliore, ma nuotiamo con vista su Tropea!
Prima di salire a Tropea, Tommy si fa il pieno di frutta e verdura, e comincia la salita per la città con un kg di cipolle nelle borse e un'anguria intera sotto il braccio, la stessa salita affrontata da Contador un paio di anni fa (ma senza anguria!). Salvatore ed Eva ci accolgono nella loro casa, una tranquilla coppia italo spagnola con la quale ci troviamo subito bene: Eva lavora in una Tea Room, e ci lascia presto per lavorare, mentre Salvatore ci fa da cicerone per il centro storico di Tropea. La città è invasa da turisti, quei turisti che fanno sempre le stesse cose e vanno sempre negli stessi luoghi: infatti, due strade a fianco di quella principale regna il silenzio, mah... Comunque, Tropea merita davvero, soprattutto quando viene colpita dai raggi del sole al tramonto. La serata termina con un'insalata di cipolle dalle dimensioni epiche,un concerto di musica classica in piazza (con grande tris del "Va Pensiero"!) e dei tè particolari nella Tea Room di Eva. Per oggi è abbastanza, noi ce ne andiamo a letta con ancora gli sbuffi di cipolla... avremo gli incubi!






Il pollo Paul, il nuovo monaco dell'antica abbazia


Il Tartufo mentre viene azzannato dal pollo Paul


Pizzo


Tropea senza gente, incredibile!


Tropea, che c'è la sotto??


Eccola, la classica foto da cartolina!


Specialità calabresi in Ape

sabato 26 luglio 2014

Tappa 25 - Bisignano - Bianchi


OSPITALITA' CALABRESE - Fragoline di bosco e peperoncini

Bisignano - Bianchi: 135 km

I mitici lupi della Sila, magari oggi ne incontriamo qualcuno! Dopo il selvaggio Pollino, oggi è arrivato il momento della selvaggia Sila, speriamo di fare qualche incontro interessante…
Colazioniamo abbondantemente, come al solito, nel monastero, accompagnati per un po’ dal mitico don Franco, prima di cominciare a pedalare verso le montagne. Come ieri, la tappa comincia in salita, ma dolcemente, piano piano si guadagna altitudine percorrendo la strada che va a Acri, il più grande centro abitato prima di entrare nella Sila. Ci si ferma a fare acqua, non si sa quante fontanelle ci saranno nei prossimi km, noi ci immaginiamo la Sila come una montagna abbastanza selvaggia ed isolata. Invece, come ci accorgeremo, non è proprio così.
Innanzitutto, la Sila non è una sola montagna, ci sono varie montagne che formano il gruppo della Sila, e più che una montagna, è un grande altipiano che va su e giù, ma senza stancare troppo. Inoltre, ci sono parecchie case in giro, ma anche qualche macchina (non come nel Pollino). Ovviamente, più ci si inoltra all’interno del parco della Sila (il quale simbolo sono ovviamente tre lupi ululanti), più le case si fanno più rare, ma non c’è quella sensazione di isolamento che mi sarei aspettato. Dopo i primi km nel parco, contraddistinti da campi di patate ed ortaggi vari, affianchiamo il grande lago artificiale di Cecita, e infine arriviamo a Cava di Melis, un piccolo villaggio che segna l’entrata nel bosco.
E che bosco! Praticamente, per i prossimi 50 km, pedaleremo solamente nei boschi, circondati da pini altissimi, regalandoci una fresca atmosfera ma anche una certa monotonia, non riusciamo mai a vedere la valle o le montagne che ci circondano da quanto fitta è la vegetazione. Per la gioia dei nostri palati, ci sono anche tante fragoline di bosco, e noi ce ne facciamo una grande e gustosa scorpacciata. Soprattutto Tommaso sembra apprezzare, mangiando come un porcello... Che dire dei prossimi km? Viaggiamo in un muro di alberi! Gli alberi diradano un po’ solo quando arriviamo alla piana dell’incrocio per San Giovanni in Fiore. Qua, purtroppo, veniamo delusi nuovamente dal genere umano e dalla sua idiozia: in pieno Parco Nazionale vengono lasciati enormi mucchi di spazzatura, con il risultato che persino le mucche vanno a mangiare ciò che viene lasciato nei sacchetti abbandonati. Io, il latte della Sila, non lo berrei tanto volentieri…
Seguendo la strada per San Giovanni in Fiore la situazione cambia, la salita si fa più impegnativa, portandoci verso altitudini più importanti, ma rimaniamo nel bosco, quindi non si vede un tubo di quello che c’è sotto: il bello di salire in bicicletta è che poi puoi vedere dei bellissimi paesaggi, ma qua ci viene tolto questo piacere! Intanto, cominciamo a vedere i primi nuvoloni neri che si avvicinano, in effetti sono quasi le tre, l’ora del temporale negli ultimi giorni. Noi speriamo che le nuvole non vadano verso la nostra direzione, ma sembra che invece siamo noi che andiamo verso di loro! Dopo una bella discesa vediamo San Giovanni in Fiore in lontananza, attraversiamo la statale e ci immettiamo nella strada che va verso il lago Arvo.
Sentiamo le prime gocce che cadono, e che palle! Non ci prenderemo l’acqua anche oggi, a 1300 mt?? Le nuvole sono nerissime, si sentono i tuoni, noi proseguiamo imperterriti, per il saliscendi che ci porta abbastanza velocemente al lago Arvo. Poco prima di arrivare al lago ci fermiamo per mangiare in un campeggio vuotissimo, dove conosciamo un inglese, che pare apprezzi la Sila più di molti altri italiani, ormai un popolo che vuole solo andare all’estero e non sa nemmeno quello che si ritrova in casa. Con lui, due piccoli ciclisti, i suoi figli, che pedalano orgogliosamente le loro mini biciclette. Il tempo si mantiene stabile, nuvoloso, e minaccia pioggia, ma noi continuiamo, affiancando il lago artificiale, salendo fino a quota 1384. Dal colle dell’Ascione in poi sarà tutta discesa, un’umidissima discesa, le mani si bagnano e la strada è affiancata da felci enormi.
Non sappiamo dove terminare la tappa, quindi scendiamo velocemente fino a Bocca di Piazza, primo paesetto che incontriamo, ma il parroco (per chiedergli ospitalità) qua non c’è, vive in un altro paesino. Proviamo con il prossimo, Calosimi, ma anche qua il parroco non è presente, quindi proseguiamo verso Bianchi. Si passa il torrente Savuto (di chiare origini venete, cosa vuoi??), che rende il clima della valle tremendamente umido, ancora più di prima, la vegetazione è quasi amazzonica, ci sono un sacco di alberi e felci e nuvole di umidità che salgono dalla strada: sembra di essere proprio nella ceja de selva, la parte tra Ande e Amazzonia (beh, non proprio, ma rende l’idea!).
Arrivati a Bianchi chiediamo informazioni sul parroco, e il postino del paesino, Luigi, ci accompagna in bicicletta fino alla casa dove abita don Serafino. Purtroppo don Serafino non c’è, ma parliamo con il padre del don, che ci da il suo numero. Lo chiamiamo e gentilmente ci offre la casa canonica per dormire, così, senza neanche vederci, ed anche Luigi ci offre una sua casa popolare. Da Luigi accettiamo volentieri l’invito a cena, con tutta la sua famiglia, dove proviamo delle gustose melanzane e la mitica Bomba, una favolosa salsa piccante famosissima in Calabria. Poi, conosciamo pure Giuseppe, altro gentile abitante di Bianchi, e con lui e Luigi terminiamo la serata con un caffettino al bar locale e un amaro.
Grandissima l’ospitalità di Bianchi, tutta la gente si è dimostrata gentilissima con noi: anche se si termina la giornata molto stanchi, persone del genere ti ricaricano di energie positive!!



Lago di Cecita


Bbbooone le fragoline!


Bbbboooona la spazzatura!


Bbbbboooni i funghi!


Amazzonia???

Tappa 24 - Viggianello - Bisignano


SEMPRE PIU' A SUD - Il Pollino e l'entrata in Calabria

Viggianello - Bisignano: 127 km

Svegliarsi con la nebbia in Basilicata, a luglio non è mica normale, e noi invece ce la siamo beccata!
Pare che stiamo portando il maltempo un po’ ovunque nel sud Italia ultimamente, stamattina abbiamo portato dell’invernale nebbia padana tra le montagne del Pollino.
La mattina ci svegliamo con la sorpresa del guardiano della casa canonica, che andando in bagno di primo mattino ci vede buttati nel salone con i sacchi a pelo, ma non sembra molto interessato a noi, anzi, non dice proprio una parola, e ci lascia in pace, sarà abituato a questo tipo di incontri… Viggianello l’attraversiamo praticamente con i fendinebbia, ma dura poco, saliamo di qualche metro e la situazione cambia totalmente, il sole ricomincia a brillare, si vedono le montagne e la valle sottostante, ancora coperta da uno strato di nubi basse. Oggi la tappa comincia in salita, bisogna raggiungere il massiccio del Pollino, a più di 1500 mt, e pedaleremo praticamente nel nulla per una quarantina di km, l’ultimo villaggio è proprio Viggianello. La salita non è difficile all’inizio, i primi km si pedalano bene, ma è quando si entra nel parco vero e proprio che le pendenze si fanno toste. La strada va su irregolare, a rampe del 13-15% si intervallano dei falsopiani che ci permettono di rifiatare e di apprezzare il selvaggio panorama intorno a noi: pedaliamo su una sottile striscia di asfalto circondato da campi, boschi e pascoli, vediamo mucche, capre e anche cavalli, e non ci meraviglieremmo se trovassimo un lupo od un orso, mentre incrociamo solo due macchine in due ore. Quando entriamo nel boschetto si fa dura, qua si sale al 15%, senza pietà, e si raggiungono in fretta i 1500 mslm, fino al rifugio posizionato poco prima della santa discesa. Beh, rifugio, è da due anni che ci sono dietro con i lavori, è comunale e quindi ci si mette un sacco per metterlo a posto.
Dal passo poi è praticamente tutta discesa per 20 km, facile e panoramica sulla sottostante valle: laggiù è già Calabria, e man mano che scendiamo sentiamo il calore che aumenta. Il primo paesino che raggiungiamo dopo molti km abbastanza selvaggi è Morano Calabro, un bel borgo arroccato su una collinetta, dotato di un castello normanno in rovina, che sovrasta un labirinto di viuzze e casette di pietra: per noi rimarrà indimenticabile per un gigantesco panino alla ricotta e marmellata, che ci fa dimenticare le energie perse nel Pollino.
Decidiamo di cambiare tragitto, non passando più per l’Altomonte (ahimè, pare che sia una zona molto carina…), scegliendo la statale più a valle, per evitare il più possibile il provabilissimo temporale pomeridiano in quota, se ci bagniamo a valle almeno è più caldo! Si scende fino a Castrovillari, e la scelta di modificare il percorso si rivela fortunata: Tommaso rompe un raggio della bicicletta, e qua a Castrovillari di negozi ce ne sono due, mentre più sulle montagne non avremo trovato molti posti per ripararlo. Il primo ad aiutarci è Giuseppe, proprietario di Iron Bike, che nonostante sia sprovvisto di raggi, cambia i freni della bicicletta di Tommaso, ormai completamente consumati. Mentre avviene il cambio freni, comincia l’acquazzone delle 15, sempre più puntuale, e noi ce la ridiamo sotto i baffi mentre aspettiamo dentro, all’asciutto. Giuseppe è gentilissimo, ed oltre a regalarci dell’olio per la catena, non chiede neanche un euro per il cambio freno! Il temporale non dura molto, e noi ci spostiamo poco più avanti, nel laboratorio di Mario, un signore anziano e molto esperto, che ripara i raggi della bicicletta di Tommaso con precisione chirurgica, per poi richiedere un prezzo irrisorio per il lavoro.
Da ... fino a … la strada è dritta, lunga e noiosa, una statale trafficata a evitare, ma che ci porta velocemente più a sud… Ricominciano le stradine piccole, e anche le salite, ma si affrontano con piacere, perché ormai siamo entrati nella Valle Incantata. Valle incantata perché è piena di alberi di pere, ovunque, anche a bordo strada, e allora noi ci facciamo una scorpacciata di questo delizioso frutto, roba quasi da star male da tante che ne abbiamo mangiate!
A Bisognano ci arriviamo che il sole è quasi scomparso dietro le montagne, il paese ci accoglie con l’immagine di Frate Umile, un frate nato qua, francescano. Noi lo conosceremo bene perché, arrivati a Bisognano, andiamo a colpo sicuro a chiedere ospitalità al convento dei Frati di Sant’Umile. E’ don Franco ad accoglierci in maniera regale, prima nell’antico chiostro della chiesa, poi indicandoci le stanze dove dormiremo e poi ristorandoci con una cena a base di formaggi locali e nduja, la famosa salsiccia locale con il peperoncino. Saranno Francescani, ma quando si tratta da mangiare, non sono mica tanto umili! Noi ringraziamo tanto, anche per la bella presenza di Don Franco, che ci racconta la storia di mezza famiglia e del paese con precisione millimetrica: poi andiamo a testare i letti, immagino che qua si dormirà da Dio!



Il selvaggio parco del Pollino, mucche e poco altro...


Solo una piccola lingua d'asfalto lo attraversa... e il pollo Paul...


E la strada si inerpica tra i boschi


I tetti di Morano Calabro


Il monastero di Bisignano by night

martedì 22 luglio 2014

PARLANO DI NOI

Intanto, tra una tappa e l'altra, tra un piatto di pasta e un panino con la ricotta, una ruota bucata e un bagnetto al mare, riusciamo a fare anche delle interviste! Eh si, delle interviste, ci sono persone che si interessano al Grande Giro d'Italia e che vogliono dare più evidenza al grande avvenimento. Molti sono quelli che ci hanno contattato, pochi coloro che sono riusciti a strapparci un intervista: tra gli esclusi, ricordiamo il Times, le Figaro, el Pais, el Gasetin de la Republica Independente de San Marco e la Gazzetta Ufficiale. Noi abbiamo preferito i giornali locali, più vicini all'essenza del Grande Giro d'Italia, più popolari.
Qua pubblichiamo il lavoro dei gentili intervistatori, che ringraziamo infinitamente!


L'Arena di Verona


La Gazzetta del Mezzogiorno, inserto Basilicata


La Stampa, inserto Molise


Tappa 23 - Palinuro - Viggianello

UN'ALTRA GIORNATA EPICA - Tra la costa soleggiata e le montagne tempestose

Palinuro - Viggianello: 136 km

Il meteo ci è contro, pare che di pomeriggio debba sempre piovere, noi siamo già stufi di prendere l'acqua: cribbio, siamo al sud, mica in Irlanda... Per evitare il più possibile la probabile acquazzone pomeridiano, partiamo presto la mattina, dai, stiamo incominciando ad essere quasi bravi e partiamo prima delle nove, dopo un ultimo saluto con il Lello.
La prima parte della litoranea non segue la costa (certo, si chiama litoranea...), e comincia a salire con parecchi tornanti verso l'interno, facendoci godere il mare dall'alto, tra ulivi e gelsomini, fino a raggiungere San Giovanni a Piro, costruito strategicamente con una splendida vista sul golfo di Policastro: da li riusciamo a vedere Campania, Basilicata e probabilmente anche Calabria! Da lassù ci sbellichiamo dalle risate per il venditore di frutta e verdura locale, che esalta le qualità della sua mercanzia dal furgoncino con il megafono, con un accento decisamente marcato... Il tratto di costa che va da Sapri a Maratea è tra i più belli, se non il più bello, tra quelli che abbiamo potuto apprezzare nel Grande Giro d'Italia: le altissime scogliere con la strada a strapiombo sono da pelle d'oca, come anche il colore del mare.
Il ritorno in Basilicata è segnato dal grigio del cielo, che minaccia pioggia, ovviamente. Facciamo appena in tempo a mangiare a Maratea (anche questo un bel paesetto dal centro storico interessante, situato sulle pendici della montagna e il mare di fronte), che puntuale arriva la pioggia del pomeriggio. Precisa come un'orologio svizzero, prima si annuncia con qualche piovasco di qualche minuto, durante i quali riusciamo a scollinare il passo a 600 mt, poi, quando stiamo attraversando Trecchina, comincia a darci dentro duramente, con un acquazzone contro il quale anche l'arca di Noè avrebbe avuto qualche serio problema.
Ciò ci costringe a star fermi un'ora e mezza, facendoci sbattere i denti dal freddo (freddo! non è possibile!) e portando il nostro morale a livelli bassissimi. Ne approfittiamo per pianificare eventuali piani A, B, C ecc... nel caso dovesse cominciare a piovere troppo, abbandonare le montagne e seguire la costa fino al profondo sud. Fortunatamente, come è arrivata, la pioggia se ne va, lasciando dietro di se nuvole di vapore e un paesaggio tibetano, con le nuvole basse sotto di noi.
La strada scende un sacco fino a valle e, come sempre, poi ricomincia a salire, ancora più pendente di prima: c'è un senso di inutilità nel fare tutte queste salite se dopo 10 km ci ritroviamo a scendere nuovamente... La salita per Lauria è micidiale, e noi non abbiamo molto tempo, è già molto tardi e probabilmente non arriveremo mai a Viggianello in tempo. Come successe per Roccadaspide, bisogna spingere forte sui pedali, ma non è facile, soprattutto quando si sale molto. Il passo successivo è a quota mille, poi è tutta discesa, fino a raggiungere Castelluccio: da Castelluccio mancano ancora 15 km per Viggianello, ce la dobbiamo fare prima che scenda l'oscurità, e ricominciamo a macinare km con forti pedalate. Tommaso a Viggianello c'è già stato, e si ricorda dell'incredibile numero di animali selvatici incontrati lungo il cammino. E anche stavolta l'incontro avviene, con quattro cinghiali felici che scorrazzavano tranquillamente nel campo a fianco della strada, e che vengono poi spaventati dal nostro passaggio. Anche noi, poco dopo, veniamo spaventati, non dai cinghiali ma dai soliti cani lasciati liberi, questa volta due e abbastanza aggressivi.
Siamo sul calare della sera, il tramonto colpisce i fianchi della montagna e noi arriviamo a Viggianello dopo gli ultimi tre km di salita. Il borgo, visto da sotto, è molto carino, ma non abbiamo tempo per visitarlo, dobbiamo prima cercare un posto dove dormire, e chiedendo a degli abitanti del posto veniamo indirizzati verso la parrocchia di Viggianello, situata appena fuori paese: il problema è che due dei tre sacerdoti si trovano a Lourdes, e il terzo probabilmente non si trova in parrocchia. Noi arriviamo alla parrocchia che ormai è scuro: al cancello non c'è il campanello, cerchiamo di aprirlo, si apre ed entriamo. Poi, cerchiamo di entrare nella porta, ed anche questa è stata lasciata aperta. Un segno del destino? Dobbiamo dormire li dentro?? Cerchiamo il sacerdote ma non lo troviamo, lo chiamiamo a voce alta ma non abbiamo alcuna risposta. Chiediamo informazioni al bar vicino ma nessuno sa niente. E allora, che volete che facciamo? Dentro è caldo, asciutto, e ci sono le docce. Una tentazione troppo forte dopo una tappa bagnata e difficile come questa. Noi entriamo, ci facciamo la doccia e ci prepariamo il nostro posticino per dormire. E se qualcuno verrà la notte, beh, dovrà essere samaritano ed accettare la nostra pacifica invasione!


Tratto di costa per salire a San Giovanni a Piro


Il pollo Paul si prepara per il bunging jumping


Epaaaaa! Prima di arrivare a Maratea


Maratea


Noi, tre metri sopra il cielo! E sopra le nubi!

Tappa 22 - Roccadaspide - Palinuro

LA LITORALE DELLA MORTE - La bella costa del Cilento, le frane e la pizza

Roccadaspide - Palinuro: 104 km

Finalmente il mar Tirreno! Oggi la tappa è dedicata al mare, montagne non ne vogliamo vedere, e nemmeno la pioggia, soprattutto dopo l'infreddolata di ieri.
Mangiuata la pizza di Fabrizio, farcita con un vasetto di marmellata (la colazione dei campioni), la tappa comincia con 15 km di comodissima discesa fino a Paestum, famosa per i suoi reperti archeologici. Dalla strada si possono vedere tutti i monumenti, gli antichi templi, le colonne e i resti delle case: alcuni si sono conservati molto bene, anche meglio dei templi in Grecia. Purtroppo, il cielo comincia ad annuvolarsi, e non promette niente di nuovo. Si segue la trafficata statale fino ad arrivare ad Agropoli, già visitata da Francesco ai tempi del lavoro con lo Zecchino d'Oro: se la ricordava più bella, ma almeno stavolta non c'era quel bambino rompiballe che gli tirava calci sugli stinchi quando era vestito da Pikachu! Comunque, il centro storico non è male, piccolino e arroccato su un promontorio roccioso, dominato da un castello e con un bel panorama sul mare blu. Il tempo di organizzarsi un attimo e la pioggia comincia inesorabilmente a cadere dal cielo nero, e non una leggera pioggia rinfrescante, ma un diluvio amazzonico, secchiate giù dal cielo! Non ci muoviamo da Agropoli per un'ora e mezza, e malauguratamente scegliamo una pasticceria come rifugio: troppe tentazioni, i nostri stomaci optano per i babà, zuppi di rum, e le sfogliatine.
Dopo un secolo d'attesa la pioggia cessa e noi siamo liberi di ricominciare a pedalare, stavolta sulla litoranea, e nostri occhi si riempiono di stupendi scorci sulla bellissima costa del Cilento: mare dalle splendide tinte blu ed azzurre, con la scogliera che sale e scende, come se voglia farci apprezzare il mare sia dall'alto che dal basso. Man mano che si avanza, le macchine scompaiono, e si capisce anche il perché, la strada diventa sempre più brutta, con piccole frane e buche piazzate come mine antiuomo per i nostri copertoni. Il Lello, amico di quartiere di Francesco, ci aveva avvisati sulla condizione della strada, parlando di salite micidiali e tratti di strada impossibili da fare in bici. Fino ad adesso il Lello c'era apparso un tantino esagerato, ma le sue parole si sono rivelate infine profetiche.
Un paio di km prima di arrivare a Pisciotta un cartello ci indica che la strada della costa è interrotta: noi proseguiamo, non abbiamo fatto caso a quel cartello già centinaia di volte in questo volte, e non abbiamo voglia di fare una deviazioni di 15 km. Poi capiamo il perché di quell'avviso. La strada comincia a pendere pericolosamente verso il 15-20%, ma il problema non è quello, è la serie di frane, con rispettivo strapiombo sulla costa, a rendere impossibile non solo la circolazione delle vetture, ma anche quella delle nostre biciclette. Non sappiamo come abbiano fatto, ma vediamo scendere un motorino, proprio prima della grande frana, che neanche noi possiamo affrontare: la terra ha squartato l'asfalto, creando un salto di almeno mezzo metro, e siamo costretti a scendere dalla bici e spingerla su per superare l'ostacolo.
Poi, la strada verso Palinuro si fa semplice, si passa per il bel borgo di Pisciotta, posizionata splendidamente, come un balcone sul mare, ed attorniata da ulivi secolari, poi si scende molto e si sale poco fino a qualche km prima di Palinurio, dove c'è Lello ad attenderci: ci accoglie con un buon caffè, quindi ci sistema in un appartamento a ridosso del mare, gentilissimo. Purtroppo, dopo il sole, il tempo ricomincia ad annuvolarsi, fino a piovere di nuovo. Mannaggia! Noi che volevamo fare il bagnetto!
La giornata si conclude in epica in compagnia de Lello e della sua ragazza nel centro di Palinuro, inondato dalla pioggia, con una spettacolare pizza con la mozzarella di bufala, epica. Il Lello, poi, passato il diluvio, ci uccide con qualche dolcetto locale. Bello incontrarsi con vecchi amici di quartiere dall'altra parte dell'Italia! Con il Lello e la sua compagnia si conclude splendidamente un'altra giornata di questo meraviglioso Giro.


Pollis Paulikolis e Paestum


Pessime visioni costiere


Una voglia di buttarsi ammmare!


Un 20% che non fa mai male...


...mettiamoci pure qualche frana di mezzo...



Tappa 21 - Castelmezzano - Roccadaspide

L’ARAGOSTA – Delizie culinarie e pioggia

Castelmezzano - Roccadaspide: 133 km

Voi non potete immaginare quello che si è mangiato stamattina. Oltre alla solita pasta cucinata col fornelletto, al panificio locale (l’unico…), l’occhio di Francesco si è posato su un’aragosta, una specie di brioches più croccante, e piena di crema chantilly, ma proprio piena, saranno stati tre etti di pura felicità palatale. Un’aragosta così cambia la giornata. Dopo questa prelibatezza, rincontriamo Rocco e Michelangelo, ultimi saluti e di nuovo tanta gentilezza da parte loro, e poi si parte.
Il cielo non è granchè, è piuttosto nuvoloso, e per la prima parte della mattinata si segue la diga sotto Castelmezzano, circondata da boschi: non c’è nessuno in strada e noi ce la prendiamo comoda, ignari di quello che ci aspetterà dopo. Si scende e si sale, senza nessuna particolare difficoltà, fino a qualche km prima di Calvello, dove cominciano a scendere le prime ed inevitabili gocce. Giusto il tempo di ripararci sotto la tettoia di una specie di magazzino, coprire le nostre borse e giù il diluvio. Un signore, proprietario del piccolo magazzino, che ci aveva visto dalla macchina mentre ci riparavamo, ci apre gentilmente la porta, così possiamo aspettare all’asciutto che la pioggia cali d’intensità. Intanto, pensiamo all’aragosta della mattina…
Dopo una mezzoretta, le gocce si fanno meno pesanti, e noi ricominciamo a pedalare. Si passa da Calvello, e da li la strada comincia a salire in maniera più aggressiva, con pendenze importanti. Il cielo si apre, anche se le nuvole nere rimangono proprio nella direzione dove dobbiamo andare, il sole scalda l’asfalto bagnato e si crea una cappa di umidità amazzonica, con i fumi che escono dal suolo, e gli alberi che sgocciolano ancora. La salita è abbastanza lunga, nel bosco si notano le torrette dei pozzi petroliferi, e non c’è ancora nessuno in strada, se non le mucche, che dobbiamo schivare a più riprese: alcune proprio non si spostano, ci guardano, ferme in mezzo alla strada, e noi le dobbiamo aggirare con un po’ di timore. Basta pensare intensamente all’aragosta…
Le nuvole si fanno ogni minuto più scure, la pioggia sembra nuovamente inevitabile, ed infatti, dopo aver scollinato, in una strada piena di piccole rane suicide che occupano la strada, comincia a scendere il diluvio. Una pioggia pesantissima, e noi, in mezzo al niente, non possiamo che scendere in picchiata per raggiungere la prima casa dove ripararci. Ce ne vuole prima di trovarne una, il tempo per inzupparci per bene, quando la troviamo ormai siamo composti al 90% da acqua! Inoltre fa freddo. Cioè, proprio freddo, cosa inimmaginabile in Basilicata a luglio: noi siamo partiti in estate giusto per il caldo, e alla fine, ci tocca prendere il freddo nel sud! Impensabile… Bah, non pensiamoci, anzi, pensiamo che stamattina ho mangiato una deliziosa aragosta…
Si aspetta ancora mezz’ora sotto la tettoia, la pioggia sembra non finire mai, ma almeno diminuisce d’intensità. Tommaso entra in crisi, è completamente bagnato e non ha molte cose per coprirsi, e la discesa è fatale, un po’ di vento freddo in più e si congela. Arriviamo a Marsico Nuovo decisamente demoralizzati, e ci prendiamo un the caldo per scaldarci le mani, impensabile a luglio! Tommaso soffre il freddo, ma bisogna partire, mancano ancora tanti km, ma prima di rimettersi in sesto passa un’ora. Tra l’altro, nel bar, arriva anche un carabiniere, che vuole vedere i nostri documenti (…motivo?...), e si sorprende per il cognome di Francesco, Vaccaro, diffusissimo nel paesetto, dove metà della popolazione lo porta, e alla fine i the ci vengono omaggiati per questo! Magari ci avessero omaggiati con un’aragosta!
La ripartenza è in salita, ma bastano un paio di km e la strada si lancia in una velocissima discesa che ci porta verso Brianza e soprattutto verso il sole, l’amatissimo sole che ci scalda di nuovo! La strada è però ancora lunga, è tardi e bisogna pedalare duramente. Nella salita che porta verso la collina che precede Atena Lucana, primo paesetto campano che troveremo (ovvio, con il nome che porta non poteva che essere campano!), Tommaso fora: la sostituzione della camera d’aria è rapida, ma si perde ancora tempo. Dalla cima della collinetta si apre ai nostri occhi lo spettacolo del  Vallo di Diano, circondato da montagne, una fertile ed ampia valle che ci fa già sognare terre più pianeggianti e il caldo campano. La pianura e il caldo, quasi più invitanti di un’aragosta! Ho detto quasi…
A Atena Lucana ci fermiamo per un caffè e gelato, dobbiamo affrontare un altro passo a 950 mt e servono le ultime energie: ci serve una cameriera carinissima, per me la tappa poteva pure terminare qua, ammirando le bellezze campane. La salita verso il passo della Sentinella non è impegnativa, le pendenze sono facili e le pedalate si fanno meno pesanti grazie al bel paesaggio sotto di noi, baciato dai caldi raggi del sole che donano toni rossastri alla valle e alle montagne circostanti. Accecato da tanta bellezza, ho quasi una visione di un’aragosta che si materializza tra le montagne…

Lo scollinamento è epico, dall’altro lato della montagna si apre lo spettacolo del Cilento, si vede pure il mare, che ci da la forza per proseguire rapidamente verso Roccadaspide. E’ quasi tutta discesa, una velocissima discesa che dura almeno 20 km, godibilissima, con grandi paesaggi e tanta natura. Raggiungiamo Roccadaspide dopo qualche km di salita quando ormai è quasi scuro, e non sappiamo dove andare a dormire. Nella chiesa locale stanno facendo le prove per uno spettacolo di canti popolari, e dopo aver parlato con loro, si riesce ad ottenere il numero del parroco, che si convince e ci offre uno spazio nella casa canonica in ristrutturazione, ma con dei comodi letti che per noi sono manna che cade dal cielo. Il parroco è gentile e ci offre anche un paio di pizze, le prime pizze campane del viaggio! Noi ce le fumiamo al volo, ma visto che c’è Germania – Argentina, ce ne andiamo in pizzeria per mangiarcene un’altra e per poter vedere la finale del mondiale. Il pizzaiolo Fabrizio è super gentile, ci fa una pizza dalle dimensioni epiche e alla fine ci regala due basi di pizza per la colazione del giorno dopo. Purtroppo la Germania vince il mondiale, ma noi ce ne andiamo a letto ugualmente felici, oggi la tappa è stata epica, abbiamo battuto il maltempo e questa è la nostra vittoria! E, soprattutto, ho mangiato un’aragosta.


Il sole dopo Calvello, l'umidità sale, ma il bel tempo durerà ancora per poco


Selfie del Pollo Paul a Brianza


Il Vallo di Diano, la luce laggiù in fondo!


Un po' di pianura ci vuole


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